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poesia

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le Schettiniadi

“Porta in alto la mano,

segui il tuo capitano…

Scappo con scialuppino,

sono il capitan Schettino…

Un passo avanti ondeggiando,

un altro indietro affondando…

Mica faccio er bagnino,

sono il capitan Schettino!”

(©Daniela D’Amico)

“Subito, appena m’avrete lasciato, vedrete, 

là dove il mare si stringe, le rupi Simplegadi

che mai nessuno, vi dico, ha attraversato uscendone incolume,

perché non sono saldamente fissate alle loro radici

ma spesso si scontrano l’una con l’altra e si riuniscono insieme,

e sopra si leva la piena dell’acqua, e ribolle,

e intorno l’aspro lido terribilmente risuona.

Ascoltate il mio consiglio, se veramente compite il vostro viaggio

con saggezza e rispettando gli dei: non vogliate

cercare voi stessi la morte, procedendo diritti,

stoltamente, seguendo la vostra età giovanile!”

(© Apollonio Rodio, le Argonautiche)


la Musa brasiliana

Paula Gilberto do MarPaula Gilberto do Mar (nella foto)

ci sembra testimone tra le piú orginali della poesia contemporanea.

Ogni domenica, con ispirazione sempre rinnovata,

questa singolare Musa carioca,

che avrà sicuramente a sua volta un’ottima Musa che la ispira,

interpreta opere  che sembrano riprendere piú celebri componimenti,

ormai a pieno titolo negli annali della Cultura o della Varia Umanità.

Sembra, talvolta, 

potersi leggere, nell’arte della Gilberto,

qualche sfumatura arcana,

un celato, appena percettibile velo d’ambigua lascivia,

di sotterraneo ammiccare.

“Taci!”, esclama talora, allorquando la sua ispirazione sia inficiata da insulso,

altrui intendimento.

Non farà forse gli ascolti

di Fiorello, ché il genio è spesso incompreso,

ma un’eventuale cancellazione delle sue perfomance

o dell’intera trasmissione ‘Quelli che il calcio’

sarebbe davvero inguaribile ferita all’attuale scenario culturale.


la pioggia (d’Agnese) nel pineto

La cara Agnese, Pasqual friend da alcuni anni nonché motivata  insegnante d’italiano e latino, ha messo mano all’immortale ‘Pioggia nel pineto’ del Vate D’Annunzio e ne ha ricavato un’attuale, quanto insolita rivisitazione:

Piove…sulle relazioni finali,

sui programmi stanchi,

sui nostri fianchi piegati a far medie…

e che medie…

e piove sulle sedie…

consunte dalle ossa stanche a corregger prove temi versioni...

che…coj…oti che ululano da lontano…

sembra inverno…

sembra eterno questo inverno…

e piove…

sulle penne rosse,

sui voti (silvani?)

sulle nostre mani callose …

piove su tutte le cose…

© Agnese M., 2011


grazie, Ute!

Grazie mille, Ute!

Anzi, Merci beaucoup, Many thanks, Vielen Dank!

Ieri, al teatro Francesco Cilea di Reggio Calabria, ho vissuto grazie a te una delle serate più appaganti della mia vita, un caleidoscopio di momenti di altissimo spettacolo, un sapiente excursus di pagine di storia e di musica (la musica è la psicologia della storia, vero, Ute?)

Non è mancato nulla. Da Ne me quitte pas a Lili Marlene, a L’angelo azzurro. Pezzi di Leo Ferré, Edith Piaf, Jacques Brel, Jacques Prevert, Astor Piazzolla, Kurt Weill, perfino brani in yddish. Inglese, Francese, Tedesco, Italiano, Ebraico.

Per cantare la storia e insegnarla. L’unica tappa italiana di Ute Lemper, dopo Milano, è stata una pagina memorabile.

E io c’ero.


e tornai a riveder le stelle…

Ancora a proposito di Dante, è con qualche emozione che resuscito per voi un articolo scritto dalla mia modesta persona sul giornale del liceo, dodici anni fa. Sniff! Al rinvenimento della pergamena originale, ormai ingiallita dal tempo, ho a stento trattenuto la commozione…

E tornai a riveder le stelle

A un quinto del cammin di nostra vita

fuoriuscii da quella selva oscura

in cui l’anima mia s’era smarrita!

Ahi, come gioir è cosa dura

per chi si pasce di quel dolce cibo

che ognor si chiamò come cultura!

Tanto è amaro che poco più è morte

– più o men disse lo collega fiorentino-

ma per trattar di ciò ch’i vi trovai

dirò cosa m’accadde un bel mattino.

Provenivo da quel luogo maledetto

ove da tempo governato stavo,

né il desio del mio bel letto

contenevo nel mio cuore ignavo.

Vidi le spalle del bidello

già vestito, come ora si conviene (1)

a chi mena, senza nulla speme,

chi va cercando il ben dell’intelletto.

Tra questi era io, e al pargoletto

che trovai meco, chiesi con diletto:

“Ove ti meni, o anima dannata

che sì tanto lagni nel tuo avello

che parmi Alichino o Farfarello?”

Ei, compresomi qual ero, in vero un folle,

“Allontanati! – mi disse – o tratterotti male,

quant’è ver che di nome fai Pasquale!”

Io, che per la città del voto mi movevo,

vivo, ancor per poco, compresi un lamento

di pulzella, o di creatura di questa meno bella

e mi ritrovai per una spelonca oscura che,

l’ sapevo, diverria prigionatura!

Ero nato a viver come bruto

o per seguir virtute e canoscenza?

Solo speravo che la mia vita

non fosse né gramigna e manco ortica,

ma virgulto fertile e soave,

atto a fuggir le cose prave!

Tre volte sollevai lo mento in suso e, tutte, ritrovai

lo dolce viso di chi costantemente s’adoprava

a fare uscir – è presto detto –

quel che rende virtuoso un giovinetto!

Vidi demoni, lombrichi, vari guai ma,

cosa che tutte soverchia,

un mostro di pelle alquanto racchia!

Quando vidi tre facce a la sua testa,

sgomento mi ritrassi,

e iniziai ad avviare corsa lesta!

Il primo volto era quello di un felino,

screziato, voluttuoso, leopardino,

il secondo un’aquila rapace,

che roteava sue orbite nefande,

da cui principiava un fuoco atroce,

il terzo una vipera sorniona che,

bifida la lingua distorceva

e avvelenava qualunque cosa buona!

Ahi come sa di cosa dura ferirsi

ne le piaghe di coscienza

da quei che, al fin de la demenza,

la vita con lo studio morta fanno!

Sed i’avessi incontrato Cacciaguida,

ei avria detto a me il dì natale

de le tre fiere o l‘fatal viaggio

che in Moravia (2) trassemi col gregge

che sventura portò a quelle piagge.

O, ancora, del destinato giorno

in cui lasciato avria il regno ribelle

e tornato saria a riveder le stelle!

Note: (1)i bidelli quell’anno cambiarono divisa…

(2) La gita di quinto superiore fu a Praga…

(3) pare che la traccia data ieri agli esami di maturità sia sbagliata…


lecturae Dantis…



Con riguardo agli esami di maturità in corso di svolgimento, leggo su Repubblica.it che:

“Argomento di Letteratura sarebbe l’undicesimo canto del Paradiso (versi 43-86), in cui San Tommaso narra a Dante la vita di San Francesco. In particolare, la traccia chiede al candidato di individuare nei versi le tre parti della ricostruzione dell’evento: l’ambiente geografico, la scena iniziale della dedizione di Francesco alla vita religiosa e l’effetto di trascinamento sugli altri. È richiesta, poi, una parafrasi distinta delle tre parti in non più di venti righe complessive.”
La tentazione è quella di pensare che, viste talune figure barbine in taluni reality autunnali, il Ministero abbia voluto restituire a Dante un minimo della sua dignità, dimostrando che non tutti i giovani d’oggi lo considerano un capo indiano.

Dante è sempre stato uno dei miei miti. Anche ai miei tempi una delle tracce lo riguardava, l’ho rinvenuta su Internet:

“Traendo spunto da un canto del Paradiso che è stato oggetto di lettura e di particolare approfondimento personale il candidato sviluppi i seguenti argomenti:

1) I presupposti religiosi della poesia dantesca.

2) L’impegno etico -politico di Dante.

3) Lo stile del Paradiso tra l’impossibilità di esprimere l’ineffabile e l’esigenza di aderire al linguaggio concreto dell’esperienza umana.”

Molti lo ritennero un errore ministeriale… Quale canto esprime contemporaneamente tutte e tre le tematiche in oggetto?

By the way, io il tema lo feci sulla traccia d’indirizzo, commentare una citazione di Epicuro sulla figura dello scienziato.


la mamadre

Vogliate gradire una poesia in cui Pablo Neruda ricorda una sua matrigna

che profumava di mamma a tutti gli effetti:

La mamadre


La mamadre, ecco che arriva
con zoccoli di legno.

Ieri soffiò il vento del polo,

si sfondarono
i tetti,

 crollarono
i muri e i ponti,
l’intera notte ringhiò coi suoi puma,
ed ora, nel mattino
del sole freddo, arriva

mia mamadre, signora
Trinidad Marverde,
dolce come la timida freschezza
del sole delle terre tempestose,
lanternina
minuta che si spegne
e si riaccende
perché tutti seguano il sentiero.
Oh, dolce mamadre

 -mai ho potuto
dire matrigna-,
la mia bocca trema a definirti,
perché appena
fui in grado di capire
vidi la bontà vestita di poveri stracci scuri,
la santità più utile:
quella della farina e dell’acqua,
e quello fosti. La vita ti fece pane
e li ti consumammo
nei lunghi inverni desolati
con la pioggia che grondava
dentro la casa
e la tua ubiqua umiltà
che sgranava
l’aspro
cereale della miseria
come se tu andassi
spartendo
un fiume di diamanti.
Ahi, mamma, come avrei potuto
Vivere senza ricordarti ad ogni istante?
Non è possibile. Io porto

Il tuo Marverde nel mio sangue,
il cognome del pane spartito, di quelle
dolci mani che ritagliarono dal sacco della farina
le brachette della mia infanzia,
di lei che cucinò, stirò, lavò,
seminò, calmò la febbre, e,

quando ebbe fatto tutto

e ormai potevo reggermi in piedi saldamente,
si ritirò,

cortese, schiva

nella piccola bara

dove rimase in ozio per la prima volta
sotto la dura pioggia di Temuco.
(Pablo Neruda)


happy birthday to me!



CANTICORUM PASCHALI IUBILO

(sulle note di Canticorum iubilo, di Haendel) 

 

Rit. CANTICORUM IUBILO PASCHALI MAGNO PSALLITE! (2 v.)

CANETE OMNES DIVO PASCHALI,
QUIA EST GENIUS MAGNÆ VIRTUTIS!
Rit.
HODIE CELEBRAMUS GENETLIACUM,
TRIGINTA ET UNUM ANNI SUNT ILLUS NOBISCUM EST!
Rit.
PLURILAUREATUS EST PASCHALIS SED SYMPATHICUS
SAGACITAS SUA EST CLARA, HOMO ACUTISSIMUS!
Rit.
LAUDATE PASCHALINUM, INTELLIGENTIAM SUAM,
IN VITA SUA ACCUMULAVIT PLURIMOS HONORES!
Rit.
EXULTATE IN PASCHALI TOTO CORDE
ASTRA SIDERAQUE TOTA IN NOMINE SUO CANENT!
rit.

© Pasquale Curatola 2005


il canto di Maria Maddalena

Dove hanno messo il mio Signore?

Era qui ieri sera, non c’è più!

Ti prego, dimmelo!

Lo troverò e lo prenderò!

 

Maria, o dolce Maria,

guardami, e riconoscimi!

Non sono ancora al Padre

ma ho già vinto la Morte!

 

Rabbuni, mio dolce Maestro,

Signore, mia guida di Luce,

il mio cuore impazzisce di gioia,

il mio Dio ha vinto la Morte!

 

Maria, o dolce Maria,

a Te, prediletta, è dato,

vedere, per prima, tra tutti,

il trionfo del Signore Tuo Dio!

 

Maria, o dolce Maria,

corri, avverti i discepoli,

nel tuo cuore ora c’è

la gioia profonda e sincera

di chi sa che l’Amore è potente

e vince la Morte!

 

Maria, o dolce Maria,

le lacrime degli occhi tuoi

sono stelle di gioia

che accendono il Cielo!

 © Pasquale Curatola 2006 – All rigths reserved

da Curatola, con amore

FRATELLI D’ITALIA, L’ITALIA S’È DESTA,

AL GALLO D’OLTRALPE TAGLIATO HA LA TESTA,

È QUI LA VITTORIA DI TRENTO E DI ROMA,

LA GLORIA CI CINGE DI NUOVO SPLENDOR!

LEVIAMOCI A COORTE, SON DRITTE LE STORTE,

IL MALTEMPO CANGIÒ!

NOI SIAM MOLTO SPESSO CALPESTI, DERISI,

PEI NOSTRI POLITICI, I GUAI E I MAFIOSI,

C’ILLUMINA OGGI A NUOVO FULGORE

PIA LUCE DI GIOIA E VIVIDO AMOR!

DI NOI SEI L’ORGOGLIO, O NAZIONALE,

IN TE È RIUNITO OGGIDÌ LO STIVALE,

DALL’ALPI A SICILIA È UNA LA VOCE,

SEI TU, GRANDE ITALIA, LA PATRIA DEI GOAL!


santi, poeti, referendari…

Ahi serva Italia, di dolore ostello,

nave senza nocchiere in gran tempesta,

non donna di provincie, ma bordello!

La citazione non è delle più originali, ma così tuonerebbe l’Alighieri per commentare la nostra situazione attuale, priva di maggioranze forti, opposizioni corrette, leader credibili, coesione nazionale e, quel che è più grave, forti valori alla base.

Do per scontato che i Pasqual Friends e i Pasqual Blog users abbiano già fatto il loro dovere elettorale o siano giusto in procinto di farlo, come si conviene a chiunque abbia a cuore le sorti della nostra Repubblica!